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giovedì 8 ottobre 2009

PARTE VI - Le Favole Aggiunte: Pietro e Paolo






LA LEGGENDA DI PIETRO

Per questo mitico personaggio è necessario essere d'accordo su alcune premesse:

    * Il termine "pietro" non è un nome; esso è soltanto un attributo, una qualificazione, un soprannome dato ad un personaggio di comodo, il cui primitivo nome è SIMONE; su questo i quattro vangeli canonici non lasciano dubbi.
    * I dubbi invece nascono quando si tenta di capire il significato attribuito al qualificativo "pietro".

L'abitudine di usare questo termine, con diversi significati, per riferirsi ad un determinato personaggio lo ha, alla lunga, trasformato in un nome proprio che, nell'ambito del mito cristiano, si è sostituito a quello di Simone.

Realisticamente, secondo Giuseppe Flavio (Antichità Giudaiche), Simone (Pietro) ed il fratello Giacomo, figli di Giuda il Galileo, sono stati giustiziati, nel 44/46 (e.v.), per sedizione in Palestina.

Il personaggio di Pietro, nella sua veste di custode del paradiso, ha origine nel "Libro Egiziano dei Morti", dove viene menzionato come Petra, detentore delle chiavi dell'aldilà egizio.
Su questo personaggio sono stati creati molti miti, attribuendo al suo nome molteplici significati derivati da culti che risalgono alla notte dei tempi.

Nella pratica dei culti solari, anche il fallo, come il sole, era considerato il "Salvatore del Mondo" tenuto conto della sua funzione per la perpetuazione della specie ed il fallo era simboleggiato da una pietra eretta, da una colonna o da un pilastro, come ancora oggi in uso nell'ambito delle credenze induiste.
Questo culto era assai comune anche in Israele, se si deve dare credito alla Bibbia (Genesi 28:10,35:14) dove Giacobbe è descritto impegnato nella pratica molto antica di ungere il sacro pilastro, simbolo fallico.
Il Vaticano preserva una statuetta di bronzo (sinistra) raffigurante un gallo dotato di un enorme pene di natura umana al posto del becco. Sul piedestallo si legge l'iscrizione greca: "Salvatore del Mondo".

Cattivi pensieri: E' forte la tentazione di scorgere in questo simbolo l'atteggiamento e certe propensioni che la chiesa ha sempre avuto nei confronti dei suoi fedeli.

Sempre a proposito di simboli fallici, Anatole France (Nobel 1922, per la letteratura) argutamente affermava che "i campanili sono come delle siringhe protese verso i culi nudi dei cherubini"

Anticamente, assai prima del cristianesimo, gli Ierofanti (preti/profeti che annunciavano la venuta di un qualsiasi cristo) erano chiamati anche Petr, con il significato di "roccia". In Egitto erano detti Petor o Pator).
Petr era il nome della roccia sulla collina del Vaticano dove fu costruito, inizialmente, il tempio della religione mitraica.
Il termine Pietro non significa solo "pietra" o "roccia" ma anche "gallo" e , per estensione di significato pene o fallo, parole comunemente usate, ancora oggi, per indicare le funzioni vitali e riproduttive maschili.
Il gallo fu uno dei simboli attribuito a Pietro, il cui nome quindi ha anche il significato di principio maschile (pater) e di pilastro fallico (pietra). Per questo, l'immagine del gallo, in passato, venne spesso piazzata sulla cima dei campanili, costruzioni considerate da qualcuno alla stregua di simboli fallici, come gli obelischi, le colonne, ecc.

A Roma, prima che le sette cristiane prevalessero, era diffuso il culto del dio Giano, rappresentato con delle chiavi in mano (sinistra). E' molto probabile che la storia di Pietro sia stata derivata anche da questo culto (Le Chiavi del paradiso).
Occorre infine rammentare che, secondo determinate interpretazioni, il termine "pietro" è stato considerato come sinonimo anche di "fede", per cui il passo evangelico (Matteo 16,18):
".....tu sei Pietro e su questa pietra io edificherò la mia chiesa...."
andrebbe letto ed inteso come:
"....tu sei la fede e su questa fede io edificherò la mia chiesa....".
Interpretazione pericolosamente riduttiva che mette in dubbio il "primato" di Roma e del Soglio di Pietro.

Il passaggio di Pietro, e la sua morte a Roma, rientrano quindi nelle tante falsità della "pia frode". Questa storia fu deliberatamente inserita nelle scritture, nel III secolo circa, come un punto di forza per favorire il primato della chiesa romana contro le chiese orientali, molte delle quali si vantavano di essere state fondate da qualche importante apostolo.
Successivamente, nel 1429 e.v., il celebre falsario Poggio Bracciolini, segretario di papa Martino V, si dedicò a vere e proprie forzature dei cosidetti "testi sacri", per esaltarne la figura e portarla agli attuali livelli di "devozione".
Di certo sino intorno al 150-165(e.v.) questa figura era del tutto sconosciuta ai "padri della chiesa", come Giustino Martire (100-165 e.v.), che non ne fanno mai menzione. I primi accenni vengono fatti da Ireneo verso il 200(e.v.)
(Rif.710,385,510,520)

Da anni, la chiesa romana si affanna a scavare, a dritta e a manca, alla ricerca di qualche "osso" per giustificare il suo "primato".
La pretesa scoperta del sepolcro di Pietro sotto la basilica vaticana, fatta nel 1939 dall'archeologa Margherita Guarducci, e poi strombazzata trionfalmente da Pio XII nel 1950 si è, alla fine, rivelata per quella che era: una grandiosa e ben orchestrata bufala.
In seguito ci ha provato anche Paolo VI, che nel 1968, nella sua veste di "infallibile" ha "certificato" l'autenticità di un mucchietto di ossi di dubbia provenienza.

Secondo Pausania (Periegesi, libro III) due antichissime statue di Afrodite, conservate a Sparta, erano scolpite molto rozzamente in legno di pero e avevano una forma "simile a delle colonne".

SAULO DI TARSO (PAOLO) (Tra Mito, Ipotesi e Storia)

Per quanto riguarda la nascita si dice sia nato a Tarso in Cilicia (Anatolia) ma la data di nascita è incerta. Probabilmente è nato intorno al 760 a.u.c. (13 anni dopo la nascita di Gesù).
Comunque san Gerolamo non è d'accordo e indica come luogo di nascita il borgo di Giscala in Galilea.
(Rif. 712)

Secondo santa Tecla: era di persona corta e robusta, largo di spalle e con le gambe piegate (deformi), quando camminava le sue ginocchia si toccavano ed era costretto a procedere a piccoli passi. Aveva fronte larga, la testa calva, soppraciglie unite e naso aquilino.
Non si può quindi dire che fosse un adone.
(Rif. 127)

Non si conosce molto riguardo la famiglia. Si ipotizza fosse una famiglia aristocratica e molto facoltosa, (tribù di Beniamino?) da sempre legata a Roma e che quindi godeva della cittadinanza romana, quella cittadinanza che Saulo sa sfruttare molto bene nei momenti più significativi della sua storia.
Detto per inciso, i romani erano molto cauti nel concedere la cittadinanza di Roma agli stranieri, perciò si può supporre che la famiglia fosse legata a Roma da particolari e forti interessi (tra l'altro: fabbricanti-fornitori di tende militari per l'esercito imperiale). Resta però da considerare il fatto che Tarso è diventata colonia romana, sotto l'imperatore Caracalla, verso il 970 a.u.c., e cioè 150 anni dopo la presunta morte di Paolo. Da dove veniva dunque questo ambito privilegio di cittadino romano? Si trattava alfine di una famiglia giudea di tendenze farisaiche.

....il tribuno gli disse: "Dimmi, tu sei romano?" Ed egli rispose: "Si".
"Io - riprese il tribuno - ho acquistato questa cittadinanza a caro prezzo".
E Paolo: "Io invece vi sono nato".
(Rif. 140)

La sua cultura doveva essere molto vasta. Educato dalla famiglia in base ai precetti della Torah e della Legge Mosaica, la sua educazione è stata sicuramente integrata con quella cultura di stampo ellenistico allora assai diffusa in Cilicia.
Inviato nella sua prima giovinezza a Gerusalemme, frequenta la prestigiosa scuola di Gamaliele. Pare avesse una totale padronanza della lingua greca, della lingua ebraica e di quella aramaica.

Ancora molto giovane, grazie probabilmente agli appoggi di cui godeva, diventa un agente fiduciario del sommo sacerdote del Tempio. Occupava quindi una posizione di rilievo e se in quel periodo ha conosciuto Gesù, lo ha conosciuto stando in campo opposto ed operando per il controllo ed il contenimento delle rivendicazioni messianiche degli esseno-zeloti.
Resta comunque legittimo il sospetto che non abbia conosciuto effettivamente Gesù. In effetti solo dopo tre anni dalla morte del Cristo entrerà in contatto e cercherà di confrontarsi con quelli che si ipotizza lo abbiano conosciuto.
Saulo è molto zelante nel compimento dei suoi doveri acquistando così una fama pesantemente negativa tra i sostenitori del movimento messianico. Tutto questo sino al 789(a.u.c.) anno in cui Saulo riflette seriamente sul proprio avvenire. Prossimo ai 30 anni, ambizioso, arrivista, profondamente umiliato dal suo ex maestro Gamaliele, che gli rifiuta la figlia in sposa a causa delle sue deformità, si rende conto:

a) che al servizio del Tempio le prospettive per il suo futuro non sono poi tanto esaltanti;
b) che la marea montante del movimento esseno-zelota ha in sè qualcosa che la sua intelligenza è in grado di incanalare e mettere a frutto.

Questo considerato, parte alla chetichella alla volta di Kirbet Qumran (Damasco) e chiede di entrare a far parte della comunità. Si può solo immaginare la sorpresa degli esseni di fronte a tanta richiesta da parte di un personaggio con una fama come la sua. Comunque alla fine viene battezzato (rito di ingresso) e si assoggetta pazientemente al noviziato di tre anni, durante i quali assorbe i principi del movimento esseno e, a tutti gli effetti, diventa egli stesso esseno (o almeno così pare). Le peripezie che seguono al suo primo ritorno a Gerusalemme, gli incarichi ricevuti dalla Nuova Chiesa ebraica, i viaggi e le polemiche sono già stati riportati nei rispettivi anni della cronologia.

Quello che occorre rilevare è che sin dall'inizio Paolo (ora lo si può chiamare così) si rende conto che la cosidetta "Nuova Chiesa di Gerusalemme" è solo una conventicola di zombi che si alimenta di sterili polemiche e di battibecchi con la casta sacerdotale del Tempio, mentre lui, Paolo, ha idee ben più grandiose: creare una nuova corrente religiosa che, pur essendo di matrice ebraica, possa essere diffusa ed accettata anche da altri popoli.
La Nuova Chiesa Ebraica di Gerusalemme, per quella orgogliosa forma di chiusura mentale e sociale (che sarà, nei secoli, causa di infinite persecuzioni)

"noi siamo il popolo eletto"

si rivolge esclusivamente alle comunità ebraiche, sparse un po' dovunque nel bacino del Mediterraneo, per aizzarle contro l'autorità del Tempio; Paolo invece vuole rivolgersi anche ai "non circoncisi" proponendo loro un nuovo culto su basi che non contrastino e non mettano in allarme l'attento e sospettoso governo di Roma.

E poi, a proposito di "popolo eletto", stando a quanto riporta la Bibbia (Giosuè 24,2-24) Jahvè non ha eletto gli ebrei come suo popolo prediletto ma sono stati gli ebrei a eleggere Jahvè come loro dio, su sollecitazione di Giosuè, nella grande radunanza di tutte le tribù d'Israele a Sichem. Bisognava pure definire un qualcuno a cui tutto attribuire e da cui tutto derivare.
(Rif. 130)
Per quanto si possa dire, l'ipotetico Gesù era un ebreo ortodosso e come tale sarebbe rimasto sino all'ultimo; non ha mai avuto l'intenzione di creare una nuova religione. Gesù mirava al sodo ed aveva obiettivi molto terreni ed assai poco celesti: avrebbe puntato al trono di Israele e a null'altro.



Paolo è persona intelligente e scaltra. Sa benissimo che le masse possono essere governate, più che con lo scettro (o le armi), con i miti, le paure indotte e le grandi illusioni. Si mette perciò alacremente all'opera e pesca, a piene mani, nel ricco repertorio dei miti del passato, da quelli egizi a quelli della Mesopotamia, a quelli dell'insorgente messianesimo. Si inventa una quantità di miracoli che attribuisce a Gesù trasformandolo, poco alla volta, in una specie di dio. Fa esattamente ciò che facevano i romani divinizzando i loro imperatori anche se poi, a volte, si dimostravano degli emeriti citrulli, per non dire bestie! Una occhiata alle FONTI MITICHE puo' chiarire da dove sono derivate determinate basi della teologia cristiana-paolina.

Nel fare questo Paolo entra inevitabilmente in conflitto con la classe dirigente della Nuova Chiesa di Gerusalemme, ancorata al rigido rispetto della legge mosaica, ma non dell'autorità del Tempio.

Le predicazioni di Paolo, di natura deviante e con poco in comune con le idee conservatrici coltivate in seno alla Chiesa di Gerusalemme, preoccupano molto il gruppo dirigente della comunità.
Lo scontro è violento; Paolo viene accusato di inventare, di sana pianta, una nuova teologia che ha sempre di meno in comune con la fede giudaica e la Legge di Mosè; viene accusato di attribuire a Gesù, che non ha mai conosciuto, parole ed atti che quest'ultimo non si sarebbe mai sognato di dire o fare.
Il problema per Giacomo il Giusto, che ormai è il capo indiscusso della comunità di Gerusalemme, è quello di capire sino a che punto sia utile convertire i pagani alla dottrina ebraica della Nuova Chiesa di Gerusalemme.
Come conservatore è probabilmente più propenso a riservare questo "privilegio" agli appartenenti al "Popolo Eletto". Per Paolo invece il problema è un altro: espandersi anche tra i pagani o accettare un inevitabile declino. Paolo non capisce, o non accetta, l'idea settaria e ristretta del messia di Aronne che dovrebbe risolvere le beghe con i sacerdoti del Tempio; Paolo pensa ad un messia da proporre, a livello mondiale, basato su altri presupposti e con finalità di ampio respiro.
Comunque il concilio di Gerusalemme del 58 e.v. si chiude senza grandi decisioni; in pratica ognuno resta ancorato alle proprie idee.
(Rif. 995)

A parte ciò, la Nuova Chiesa di Gerusalemme esita a liberarsi di un "apostolo tanto scomodo" e questo per un buon motivo. Qualsiasi setta, culto o credenza per affermarsi ha bisogno di una struttura, di una organizzazione per la diffusione del credo e quindi ha bisogno di denaro. E Paolo è la persona adatta per fare quattrini.
Affabulatore spigliato, energico e convincente, nei suoi tre lunghi viaggi, raccoglie una quantità considerevole di contributi che versa regolarmente nelle casse della Nuova Chiesa di Gerusalemme.
Gli ebrei, fuori dalla Palestina, avevano mantenuto il loro legame con il Tempio di Gerusalemme, legame che, al lato pratico, si concretizzava con il versamento di un contributo annuale di mezzo siclo d'argento.
Paolo, con la sua abilità, riesce a deviare in parte questo flusso di denaro raccogliendolo per la Nuova Chiesa di Gerusalemme. Tutto questo potrà apparire poco apostolico ma Luca, negli Atti degli Apostoli (11,29), implicitamente ne da conferma: le chiama "elemosine".
(Rif. 140)
Paolo nelle sue epistole le definisce esplicitamente "collette".

E' difficile stabilire sino a che punto Paolo sia riuscito a portare avanti le sue bugie ed il suo progetto di fondatore di un nuovo culto; un fatto è certo: dopo di lui alcuni altri (evangelisti) hanno raccolto il testimone ed hanno proseguito nella realizzazione del progetto continuando a divinizzare, a tappe e per circa tre secoli, la figura di Gesù.
Una cosa che ha sempre messo in fastidioso imbarazzo sia i cristiani che gli ebrei, è il fatto che, malgrado tutto, Paolo, come Gesù, è sempre stato fondamentalmente ebreo. Anche se con le sue predicazioni ha messo in discussione alcuni principi della legge mosaica non vuol dire che abbia rinnegata la sua primitiva matrice di stampo farisaico.

Tra le altre cose occorre segnalare che "secondo lo storico della chiesa Eusebio di Cesarea ed altri, Paolo si sarebbe (non si sa bene quando) sposato con una certa Evodia."

Che fine abbia fatto Paolo realisticamente non lo sa nessuno. Dopo le ultime disavventure a Gerusalemme ed il suo trasferimento a Roma, sembra svanito nel nulla. Lo stesso Luca, che negli Atti degli Apostoli ne esalta le gesta, termina la sua presunta testimonianza lasciando aperta la questione.
(Rif. 140)
Un fatto è innegabile; durante il suo soggiorno a Cesarea e durante gli "arresti domiciliari" a Roma ha goduto di strani inconsueti privilegi. Di quale considerazione godeva Paolo presso il governo romano e perchè?

Dopo due anni di permanenza a Roma Paolo, che ormai ha 56-57 anni, sparisce dalla circolazione. Che fine abbia fatto resta dunque un mistero. L'ipotesi più accreditata, ma sempre opinabile, è che il governo di Roma (Nerone) lo abbia trasferito in un soggiorno definitivo e più "tranquillo" in Spagna.


NOTA - Secondo R.H. Eisenmann: Paolo, aristocratico e molto agiato, godeva di conoscenze in alto loco con il potere dirigente. In confidenza con i governatori di Cesarea e con Erode Agrippa II, poteva essere un agente di Roma. Fornisce informazioni ed il potere lo protegge, gli attribuisce una nuova identità e denaro e questo spiegherebbe la definitiva sparizione, non giustificata negli Atti degli Apostoli.
(Rif. 343)
Da considerarsi come una battuta: forse la CIA ha origini antichissime.

Durante gli ultimi anni è certo che abbia affinato le basi della sua costruzione teologica, fondando una setta proto-cristiana, dagli imprevedibili sviluppi e meno "esclusiva" dell'ebraismo, lasciando ad altri seguaci il compito di formalizzarla e diffonderla. In fondo la dottrina di Paolo, che predicava la sopportazione agli oppressi, agli schiavi ed ai reietti, in vista di una immancabile ricompensa post-mortem, non doveva dispiacere al governo di Roma, sempre in lotta contro le rivendicazioni e gli aneliti di libertà delle popolazioni sotto il giogo dell'impero.

E' ora necessario ed opportuno tornare coi piedi per terra.
In questi ultimi anni i dubbi, le perplessità e le incongruenze che sono sorte su questo singolare "missionario" mettono in forse la sua "reale esistenza" ed insinuano il dubbio che si tratti di un personaggio di pura invenzione, dietro al quale siano state mascherate ben altre realtà.
 

Una analisi attenta ed accurata dei Rotoli di Qumran e dei Vangeli gnostici di Nag Hammadi, ha recentemente indotto lo studioso R.H. Eisenmann alla formulazione di una nuova suggestiva tesi.
Paolo sarebbe stato "l'Uomo di Menzogna" che, nell'ambito della setta essena, si sarebbe contrapposto a Giacomo, fratello di Gesù e "Maestro di Giustizia" della stessa setta.
(Rif. 343)
Paolo avrebbe quindi provocato uno scisma nella setta e, dopo essere stato cacciato dalla comunità, avrebbe dato origine ad un nuovo movimento "La Setta degli Apostolici" di matrice fortemente gnostica. Qualche secolo dopo la burocrazia clericale di Roma avrebbe ripulito le idee di Paolo dalla loro componente gnostica, trasformandolo nel personaggio di comodo oggi a tutti noto.

Resta sempre il fatto che tesi e supposizioni sul personaggio Paolo sono tante e tali da indurre, in definitiva, a mettere in dubbio la sua stessa esistenza. Fino a che punto i documenti di Qumran e di Nag Hammadi hanno una valenza storica oltre che mitica?

Considerando le cose da un altro punto di vista e fermi restando alla favola evangelica, Paolo non sarebbe quindi uno dei tanti Apostoli, ma il più eminente convertito dopo la morte di Gesù. Egli avrebbe operato come missionario e pastore ed anche come un instancabile raccoglitore di quattrini dei Gentili che consegnò poi alla Nuova Chiesa di Gerusalemme, di matrice esseno-cristiano-giudaica.
In realtà non esiste la minima prova storica che questo personaggio sia nato, vissuto e morto come Luca ci racconta nel suo "Atti degli Apostoli". Anzi, certe reticenze dello stesso Luca confermano che si tratta di un personaggio inventato, presumibilmente intorno al 180-220 d.C., dopo la stesura dei primi vangeli.

E' quasi certo che il nome fittizio di Paolo costituisca solo un punto di aggregazione
e di riferimento in cui convergono idee e principi maturati nei primi secoli
di un cristianesimo ancora incerto e privo di precise identità.


Nessun storico ne parla; Giuseppe Flavio (37-95 e.v.), che ha vissuto a Roma nello stesso periodo di tempo, attribuito all'analoga permanenza di Paolo, non ne fa alcun cenno. Lo stesso si può dire di Plinio il Giovane (62-113 e.v.), Tacito (sinistra 55-120 e.v.) o Svetonio (69-140 e.v.). Le epistole di Paolo, che sono una parte importantissima del Nuovo Testamento e che dovrebbero essere i primi documenti cristiani, per uno strano caso non parlano quasi mai di Gesù, anche se si vuol far credere che Paolo sia vissuto durante e dopo l'avvento di questo cristo e che quindi avrebbe dovuto conoscere bene la sua vita ed i suoi miracoli.
Si può invece facilmente constatare come queste epistole siano una farraginosa miscela di concetti spirituali ripresi da vari culti, sette, religioni e scuole misteriche esistenti da centinaia o migliaia di anni prima del cristianesimo.
Paolo non parla mai di Pilato, dei romani, di Caifa o del Sinedrio, di Erode o di Giuda, delle pie donne o di qualsiasi altra persona od eventi, tanto menzionati nei vangeli "ufficiali" della chiesa, e tantomeno della nascita straordinaria del Salvatore, delle parabole e dei suoi strabilianti miracoli.

Come si può pensare che un predicatore del nuovo messia possa andare per il mondo a convertire la gente nel nome di Gesù senza citare una sola volta i suoi detti o le sue parabole? Il fatto in se stesso che non ci sia un solo detto di Gesù, riportato dai vangeli e che sia stato citato da Paolo nelle sue lettere è inammissibile e fatale per la storicità sia di Gesù che del suo presunto apostolo/missionario.

(Ci sono poi delle cose veramente eclatanti. Nella prima lettera a Timoteo Paolo parla del lavoro di Marcione intitolato "Antitesi". Questa lettera, secondo la chiesa, sarebbe stata scritta intorno al 65-66 e.v. Posto che Marcione è vissuto dall' 85 al 160 e.v., ed è stato espulso dalla chiesa di Roma nel 144 e.v. per eresia, se ne deduce che la letterina a Timoteo è stata scritta prima che Marcione stesso nascesse!)
(Rif.***)

Una ipotesi abbastanza attendibile, ma da dimostrare, è quella che attribuisce le lettere paoline all'opera di Marcione. (H. Detering-Der Gefaelschte Paulus-1995)

Recenti studi propendono oggi ad attribuire a Marcione l'invenzione del personaggio di Paolo di Tarso.
(Rif. 145)

E, per quello che è dato capire, gli eventi della vita di Paolo sono stati integrati, solo successivamente, nel Nuovo Testamento ed i particolari sono stati derivati anche dalla vita di APOLLONIO DI TIANA, (detto il "Nazareno").

L'intero gruppo dei documenti "paolini" costituirebbe dunque una rozza falsificazione. Nessuna lettera può essere attribuita a questo "Paolo": si tratta unicamente di esercizi mal riusciti di pseudoepigrafia basati sul presupposto che la maggior parte della gente "beve tutto" senza minimamente ragionare.




Lo storico Seneca (sinistra) era fratello di Gallio, proconsole di Acaia, precisamente nell'epoca in cui Paolo avrebbe predicato in tali contrade. Malgrado Seneca abbia descritto minuziosamente gli avvenimenti del suo tempo, non fa il minimo cenno di questo "straodinario predicatore". La storia della vita di Paolo ha lo stesso senso mitologico di quella di altri personaggi che lo hanno preceduto. Come altri personaggi Paolo è una finzione, una delle tante "pie frodi".
Recentemente, alcuni studiosi hanno creduto ravvisare la reale esistenza del personaggio Paolo, attraverso l'analisi e l'interpretazione degli scritti ritrovati a Qumran ed a Nag Hammadi. Si tratta di stabilire sino a che punto questi documenti, di tipo mitico-cultuale, possono essere ritenuti validi e probatori sul piano storico.

Già a partire dal secolo XIX, parecchi studiosi hanno iniziato a mettere in dubbio l'autenticità delle lettere 1 e 2 a Timoteo e la lettera a Tito sostenendo siano state scritte, a suo nome, da altri seguaci cristiani.
Quello che era stato aggiunto, di inedito, è il presunto titolo di "cittadino romano", nell'intento di rendere il nuovo personaggio gradito ai potenti di Roma.


A confermare il sospetto che la figura di Paolo possa essere solo una mera invenzione, occorre chiarire la figura di Apollonio di Tiana (sinistra), nato il 13 Marzo del 2 (a.e.v.) a Tiana (Thyana), in Cappadocia e morto vecchissimo, presumibilmente nel 102 (e.v.).

E' uno di quei personaggi eccezionali passato attraverso le più straordinarie esperienze che, spesso, sconfinano nella leggenda e che molto fastidio hanno creato agli "indottrinati" del cristianesimo "ufficiale". La prima storia della vita di Apollonio, filosofo neopitagorico, venne scritta da Filostrato (c.a. 165-245 e.v.), molto tardi, nel 210 e.v., al tempo di Settimio Severo, su commissione dell'imperatrice Giulia Domna e sulla base di precedenti racconti, tradizioni orali e su appunti scritti dal suo discepolo Damis di Ninive; caso strano, Filostrato non fa nessuna menzione di un qualsiasi Gesù Cristo che avrebbe dovuto essere un contemporaneo molto importante di Apollonio, se non un rivale; anzi Filostrato attribuisce ad Apollonio alcuni presunti miracoli che successivamente i Vangeli attribuiranno a Gesù.

Presente a Roma, Apollonio ne fu cacciato due volte, per ordine di Nerone e di Domiziano, che non gradivano le sue predicazioni. In seguito, fu paragonato ad un "Cristo pagano", secondo quanto riferisce Eusebio di Cesarea, nella sua "Storia Ecclesiastica"; Caracalla fece costruire un tempio in suo onore mentre Alessandro Severo gli fece erigere una statua nella sua cappella privata.
Molti particolari della vita di Paolo coincidono con quelli della vita di Apollonio, compresi i percorsi dei viaggi, che sono del tutto identici.
Il fatto stesso che si suppone Paolo nativo di Tarso si accorda con la circostanza che Apollonio ha passato una parte della sua giovinezza, per motivi di studio, in questa città.

Come per Paolo, i viaggi di Apollonio partivano da Antiochia.
Apollonio visitò anche le regioni orientali dove raccolse diversi libri incluso quello (il Diesegis) contenente la storia di Krishna. Al suo ritorno dall'India risalì l'Eufrate su di un battello sino a Babilonia e poi via terra raggiunse Antiochia.

I viaggi successivi fatti ad Efeso, Atene, Corinto ed altre località della Grecia descrivono lo stesso percorso attribuito ai viaggi di Paolo.
Come Paolo, Apollonio fu arrestato a Roma ed espulso per le sue idee; come Paolo, non ha mai predicato ai giudei in Palestina ma solo ai gentili. Gli sono state attribuite un sacco di definizioni quali: gimnosofita, buddista, bramano, nazareno, terapeuta, gnostico e mago.
Si isolò dal mondo all'eta' di 80 anni vivendo segretamente, presumibilmente ad Efeso, sino a 102 anni e, come per Mosè, Gesù e Pitagora, la sua tomba non è mai esistita oppure non è mai stata trovata.
(Rif.710, 140, 711, 530, ***)

3 commenti:

Stefano da San Benedetto ha detto...

Caro Scrittore, è cosa molto triste che tu, invece di dedicare il tuo tempo per far del bene a te o al prossimo, scriva storie fondate su finte ricerche da te effettuate. Nella vita bisogna sapersi mettere in gioco, ed infatti è quello che ho fatto leggendo la tua favola.Scrivi che Gesù non vuole fondare una nuova religione e che ambiva al trono; questo prova che tu non abbia letto neanche una riga dei Vangeli, o se l'hai fatto avrai letto una di quelle versioni che commercializzano i ristorazionisti.
Se smettessi di cercare falle nelle religioni che non ti interessano, dando loro quindi piu importanza di quello che vorresti fa credere, capiresti che non è il culto terreno, o la legge che fa vivere l'uomo. Ti auguro di trovare presto la pace e la serenità.

respiro ha detto...

non credo sia triste invece,sta solo cercando di far capire la speculazione che ci gira intorno...scrivere la bibbia è facile in fondo è una raccolta di buone azioni e di retti comportamenti come tutte la religioni o culti del resto...credo che nel momento delle difficoltà l'uomo abbia bisogno di qualcosa o qualcuno a cui aggrapparsi diciamo come un amico immmaginario ma forse per quanto mi riguarda è molto meglio un amico terreno al posto d'affidare le nostre vicissitudini a qualcosa di immateriale di cui nessuno conosce il volto e a cui bisogna ispirarsi per cieca fede.....credo sia credere troppo

Anonimo ha detto...

Ed invece è un articolo molto interessante, proprio di una persona che cerca di analizzare alcuni punti fermi circa l' indagine paolina. Poi io non capisco proprio perchè le persone di fede debbano rompere le scatole se certi articoli urtano la loro sensibilità. Non leggeteli e mantenete la vostra pace e serenità !